Una scuola senza voti si può! E’ quello che ha dimostrato il giovane sociologo e insegnante Montessori, Davide Tamagnini. Lo ha anche raccontato in un libro dal titolo esplicativo: Si può fare. La scuola come ce la insegnano i bambini.
Si legge nella IV di copertina:
Si può facilitare il naturale sviluppo di ciascuno, si possono non usare libri, voti, compiti e schede, si può rompere quel sempiterno sodalizio che purtroppo lega l’apprendimento alla noia. Insomma si possono fare molte cose se, innanzitutto, si crede che sia importante farlo.
Dopo questa esperienza possiamo asserire che l’unica cosa che non si possa fare nella scuola è insegnare senza apprendere dai bambini.
Niente voti, ma colori, che indicano se il bambino ha già raggiunto l’obiettivo o ha bisogno di lavorare ancora. La valutazione è fatta dagli insegnanti, dai genitori e dai bambini. Sì, proprio da loro, che prendono molto seriamente questo compito. Alla fine si ha un quadro dell’apprendimento del bambino, utile per personalizzare la didattica.
Niente libri? Ebbene sì: anche dal quel punto di vista il maestro parte dall’esperienza diretta, per poi costruire egli stesso dei libri. Con i soldi risparmiati il maestro compra strumenti come il microscopio o lo stereoscopio.
Tamagnini racconta la sua esperienza in giro per l’Italia, ai colleghi che vogliono ascoltarla per realizzare una nuova scuola, partendo dal basso, dagli insegnanti!
…la scuola, sia implicitamente con una certa didattica, sia esplicitamente con i voti numerici, comunica che l’errore è una cosa da evitare, un passo falso da correggere, o meglio, da rimuovere velocemente (basti pensare all’assurda esigenza di avere dai bambini scritte perfettamente corrette durante la fase di apprendimento della scrittura, probabilmente per avere dei bei quaderni ordinati da mostrare a casa) senza dare tempo di riflettere sulle condizioni che lo hanno determinato. Una situazione di imbarazzo sociale dal potere ansiogeno. L’equazione scolastica che va per la maggiore è: un errore, un voto in meno.
Inoltre la valutazione coinvolge, in momenti diversi, più soggetti (insegnanti, studenti e famiglie) e, pertanto, deve riconoscere a ciascuno di essi uno spazio di riflessione. Su questo piano dobbiamo prestare attenzione ai bisogni in gioco: insegnanti e genitori attraverso la valutazione si “misurano” reciprocamente e per farlo condividono, più o meno consapevolmente, un linguaggio, degli strumenti e delle finalità.
Se volete approfondire, oltre al suo libro, qui trovate il seguito del suo contributo.
2 Comments
Alessio
Non sono per niente d’accordo, secondo me la scuola DEVE valutare, se si vedono paesi come la Corea del Sud, il Giappone e la Cina si nota come la scuola sia severissima, ma proprio questa rigidità crea soggetti molto preparati e richiesti anche all’estero. Sarà stressante la pressione a cui sono sottoposti, ma proprio questa pressione li rende preparati, determinati, competenti. Il voto serve come stimolo a fare di più, a migliorarsi, a prendere consapevolezza dei propri limiti e della necessità di superarli, del resto nel mondo dello sport non si valuta ogni prestazione dell’atleta? Ecco, la scuola da quel mondo agonistico deve prendere esempio, non dal sentimentalismo di teorie pedagogiche che vogliono eliminare ogni disagio, ogni frustrazione, producendo in serie soggetti FRAGILI che alle prime batoste della vita crollano miseramente. Il soggetto dev’essere educato ad essere FORTE, non fragile; inoltre secondo me determinati contenuti possono essere noiosi, ma anche superando la noia di una lezione poco avvincente la nostra capacità di concentrazione si rafforza, proprio perché l’individuo deve superare un ostacolo.
Veronica
Dove sarebbe scritto che la scuola non deve valutare?Tamagnini propone un metodo in cui gli alunni sono protagonisti del loro apprendimento, si valutano e vengono valutati in modo che loro possano in primisi capire e vivere l’errore come uno stimolo e non come un’umiliazione che inibisce. Apprendere con piacere in modo cooperativo non rende fragili, ciò che si impara con gioia ed interesse sicurante rimane più impresso nel tempo di quello che si vive a scuola con noia o paura del brutto voto.