Le insegnanti Annapaola Capuano e Franca Storace raccontano la loro esperienza su Genitori si diventa:
...La scuola, in primis, è chiamata a dare risposta ai bisogni formativi di ogni alunno con attività di programmazione mirata e personalizzata, impegnandosi per tutti, ma in particolare per quelli in situazione di svantaggio, di cui vanno valorizzati i punti di forza e minimizzati quelli di debolezza, dando loro fiducia e rafforzando l'autostima che per queste categorie di alunni è particolarmente bassa. Sappiamo tutti che l'apprendimento affonda le sue radici in ambito emotivo; se non si è motivati dal punto di vista emozionale non c'è apprendimento, tanto che si parla di quoziente emotivo oltre a quello intellettivo.
Ho sempre creduto che le vaccinazioni sono un grande danno, perlomeno lo sono diventate nel momento che non ce n'è stato un effettivo bisogno. Questo video, purtroppo, conferma quello in cui credo.
IO SONO VIVO from Nikilnero on Vimeo.
L'articolo scritto per Education.2 sta creando una certa attenzione sull'argomento DSA e questo mi fa molto piacere. Intanto, sempre sullo stesso sito (vi invito a visitarlo con attenzione!), viene pubblicato un nuovo articolo, una forma di risposta/prosieguo del mio. E' a firma del dirigente scolastico Stefano Stefanel. Ritengo che abbia individuato in pieno il problema e lo ringrazio per la lucidità e obiettività del suo scritto.
La scuola fa male! Questo è quello che sostiene James Marcus Bach (figlio del già noto Richard, autore del gabbiano Jonathan Livingston) nel suo primo libro, pubblicato in Italia recentemente da Sperling & Kupfer.
Come potete immaginare un titolo così mi ha incuriosito, soprattutto se comprato una sera di una fredda domenica invernale girovagando in libreria... Purtroppo, nonostante i buoni propositi dell'autore, il libro non è stato all'altezza delle mie aspettative.
Questo non vuol dire che non offra degli spunti di riflessione riguardo alla scuola e ai metodi di studio che l'autore ha sviluppato essendo un autodidatta (o quasi). Di sicuro fa riflettere come, almeno in America, non è più una novità che un ragazzo abbandoni la scuola per costruirsi da solo, anche con ottimi e soddisfacenti risultati.
Care maestre e cari maestri,
mi è capitato spesso, in questo periodo, di ricevere lettere o telefonate da qualcuno di voi. La domanda che mi viene rivolta con maggiore insistenza è: “Come facciamo a insegnare, in tempi come questi?”. I sottintesi alla domanda sono molti: il ritorno del “maestro unico”; classi sempre più affollate; bambini e bambine che provengono da altre culture e lingue e non sanno l’italiano etc.
Anch’io, come voi, soprattutto nei primi anni della mia attività di maestro, mi ponevo interrogativi analoghi.