Ho appena letto, nel blog Nell'educazione un tesoro, la lettera di una mamma pubblicata sul Corriere della Sera in data 13/11/2010 e la risposta di Isabella Bossi Fedrigotti, e mi sono indignata!
Ma andiamo per ordine, ecco la lettera e la risposta:
Tratto da un
articolo di Antonella Sparvoli.
Crescere un bambino in un ambiente fisicamente e intellettualmente stimolante ha diverse ricadute positive sulla sua salute fisica e mentale. Secondo uno studio pubblicato di recente sulla rivista Child Development, i bimbi che frequentano il nido e che vengono coinvolti dalle educatrici in attività guidate fanno più progressi nel linguaggio e nelle abilità matematiche di quelli che si dedicano prevalentemente al gioco libero. Mentre un altro studio recente riaccende i riflettori sui benefici non solo fisici dell’attività sportiva. La ricerca, pubblicata sulla rivista Brain Research, indica infatti che i bambini più sportivi e atletici a 9-10 anni hanno un ippocampo più grande rispetto ai coetanei pigri. E ottengono anche risultati migliori nei test di memoria.
Fantastico! Oggi ho scoperto Mens Sana, il blog di una docente di lettere delle scuole medie. Ne parlerò ancora, sicuramente. Intanto vi riporto una parte di un suo articolo sull'unschooling:
Tratto dal sito dell' Opera Nazionale Montessori.
...Con ogni evidenza già appare il nuovo ruolo dell’insegnante, che assume una figura di aiuto e facilitazione, di organizzatore e osservatore della vita psichica e culturale del bambino. Ciò richiede momenti prolungati durante i quali l’insegnante possa svolgere le attività di preparazione dei materiali, di organizzazione e cura degli spazi e di lavoro creativo per la costruzione di strumenti di cultura necessari alle attività autoeducative degli alunni. Tempi e momenti difficilmente quantificabili, ma che danno la misura di un diverso impegno e di una diversa funzione dell’insegnante.
I caratteri dell’insegnante montessoriano.
Articolo tratto da Un pediatra per amico scritto da Sonia Bozzi.
Le mani sanno leggere
Diversi anni fa, a metà degli anni ’80, un grandissimo scrittore immaginava l’uomo del futuro senza naso, incapace di sentire gli odori. Lo scrittore si chiamava Italo Calvino ed era tanto preoccupato per la perdita di conoscenza sensoriale da decidere di scrivere cinque racconti, ognuno dei quali dedicato ad un senso. Poi morì, e l’opera rimase incompiuta. Ma la preoccupazione doveva essere diffusa perché già qualche anno prima Bruno Munari organizzava i suoi laboratori per bambini, convinto che l’educazione sensoriale fosse importante come quella linguistica o musicale e che andasse insegnata nelle scuole. Munari sosteneva che finché siamo bambini i nostri recettori sensoriali rimangono ben aperti, per ricevere, assimilare, elaborare, imparare, per distinguere, cogliere le sfumature. Diventati adulti non impariamo più niente, i nostri sensi si atrofizzano, lentamente. Soltanto la ragione e il profitto riescono a dirci qualcosa.