Non tutti i bambini cominciano a parlare alla stessa età, si sa, ma noi logopedisti crediamo che sia importante monitorare il linguaggio infantile fin dalla primissima età. Per questo utilizziamo tutta una serie di supporti (test, questionari) che ci aiutano a raccogliere campioni di linguaggio e notizie utili, per capire come si sta sviluppando il linguaggio del bambino.
Un ottimo modo per associare una lettera ad un suono del linguaggio, soprattutto per aiutare i bambini a memorizzarla, è quello di offrirgli un feedback sull'espressione del viso, della bocca in modo particolare.
«Personalmente posso affermare che i libri di Hilde De Clerq mi hanno introdotto a una lettura diversa della condizione autistica e del modo di essere di queste persone», questo scrive Antonella Valenti, traduttrice dei libri della De Clerq.
Il libro di Maryanne Wolf Proust e il Calamaro riporta ad ampio raggio tutte le ricercge degli ultimi anni sulla dislessia, anche quelli comparativi interlinguistici, cioè comparando lingue diverse. Molto interessante sono le conclusioni riguardo a come gli aspetti salienti di un sistema di scrittura influiscano sulla dislessia.
Parlare di linguaggio infantile significa soprattutto attenzione verso lo sviluppo delle abilità di interazione sociale, che vengono stimolate dall'ambiente circostante. Queste abilità trovano le loro radici nei primissimi mesi di vita del bambino, nel rapporto che si crea con la mamma o con chi lo accudisce.
Le ultime ricerche ci hanno confermato che il cervello dei neonati è prodigiosamente predisposto per il linguaggio; proprio per questo è importante, però, sapere anche quali siano gli stimoli giusti.
La prima cosa, la più importante, è parlare con il neonato (come spiega Tracy Hogg nel suo libro Il linguaggio segreto dei neonati), come faremmo con bambini più grandi, per spiegare quello che stiamo per fare: “Adesso la mamma ti prende in collo per andare a fare il bagnetto”, “Contiamo fino a tre e poi ti prendo in collo”, “Ci prepariamo per uscire” e così via. Gli studiosi pensano che i bambini siano abituati al suono della voce della mamma fin dal pancione e che serva loro più tempo, dopo la nascita, per riconoscere e scegliere la voce del papà.