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RITMO, LINGUAGGIO E APPRENDIMENTO

Boy Practicing Guitar

Uno studio effettuato 3 anni fa riportato qui nel mio blog, riferiva che suonare uno strumento musicale può essere d’aiuto ai bambini dislessici.

Lo stesso gruppo di studiosi, con a capo Nina Kraus, direttrice del Laboratorio di neuroscienze uditive, ha ulteriormente approfondito l’argomento, come si può vedere dallo studio apparso sul “Journal of Neuroscience”, in base a una serie di test su un centinaio di studenti di scuola superiore.

“Con questo risultato abbiamo chiuso il triangolo, per così dire”, sottolinea la Kraus. “Alla base di tutto c’è una sincronizzazione tra le regioni cerebrali responsabili dell’udito e quelle del movimento”.

Nel primo test, ai ragazzi veniva richiesto di seguire il ritmo di un metronomo picchiettando con le dita su una superficie, sotto alla quale erano posti dei sensori che permettevano di misurare la precisione del battito. Nel secondo test, sugli stessi studenti veniva effettuato un elettroencefalogramma in grado di mostrare la coerenza delle loro risposte cerebrali mentre udivano una sillaba ripetuta più volte.

Dal confronto dei dati registrati, è emerso che coloro che dimostravano le migliori capacità di mantenere il ritmo erano anche quelli che mostravano le risposte cerebrali più coerenti nella pronuncia delle sillabe.

“Questa correlazione ha una precisa base neurobiologica”, spiega Kraus. “Le onde cerebrali che misuriamo con l’elettroencefalogramma hanno origine da un centro cerebrale di elaborazione delle informazioni uditive con connessioni reciproche con i centri motori. Quindi un’attività che richiede la coordinazione dell’udito e del movimento, probabilmente, è collegata a una solida e accurata comunicazione tra diverse regioni cerebrali”.

Per gli autori, è immediato pensare a nuovi metodi per aiutare i soggetti dislessici a superare le difficoltà di lettura. “Il ritmo è parte integrante sia della musica sia del linguaggio, e in particolare il ritmo del linguaggio parlato è cruciale per la comprensione”, conclude la Kraus. Parlando, per esempio, si rallenta il ritmo per sottolineare una parola o un concetto; inoltre, lievi differenze di ritmo permettono di distinguere la ‘b’ dalla ‘p’: percepire le differenze di ritmo significa quindi saper identificare e distinguere i suoni e, in ultima istanza,  comprendere il linguaggio”.

L’idea dei ricercatori è che un addestramento di tipo musicale, con una particolare attenzione per la componente ritmica, possa essere di aiuto per rendere più efficiente il sistema uditivo, portando così il soggetto a più solide associazioni suono-significato che sono essenziali per l’apprendimento e le capacità di lettura. 

Fonte: Le Scienze

 

2 Comments

  • Serena
    Posted 02/08/2014 at 23:38

    Buongiorno,

    sono una studentessa al secondo anno di specialistica.

    Per il mio lavoro di tesi sto cercando del materiale con lo scopo di approfondire la relazione esistente tra la musica e la dislessia. Facendo delle ricerche in internet sono venuta a conoscenza di questo Suo interessante articolo. Mi potrebbe gentilmente indicare il titolo dell’articolo di Kraus da cui sono tratte queste informazioni per poter visionare interamente il materiale?

    La ringrazio per l’attenzione!

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