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RIFLESSIONI DI UN SACERDOTE SUL LIBRO “STORIE DI NORMALE DISLESSIA”

Oggi ho il grandissimo piacere di ospitare nel mio blog le riflessioni di un sacerdote che, dopo aver letto il libro Storie di normale dislessia, ha scritto e mandato ai suoi amici le parole che vi riporto (la riflessione era più lunga, ma io ho scelto la parte che mi è sembrata più pertinente). Ringrazio l’amico Luca per avermele “regalate” e don Carlo Sacchetti per avermi dato la possibilità di renderle pubbliche.
 
” Tenacia e immaginazione, due molle che hanno spinto in avanti la vita di questi grandi della storia. Facciamo alcuni esempi.
Questi personaggi hanno avuto un grande amor proprio come risposta agli altri per mostrare quanto valevano. Newton, che essendo dislessico faceva molto fatica negli studi, aveva in classe un ragazzo che lo prendeva in giro per le sue difficoltà e per dimostrargli che valeva si migliorò parecchio negli studi. Mi sento di aggiungere che non è necessario essere dislessici per rendersi conto che spesso dietro a grandi sforzi e determinazione vi sono ferite proprio nell’essere accettati e amati.
 
Sull’immaginazione si può richiamare Einstein che fece ampio uso di immagini mentali. Infatti per elaborare la teoria sulla relatività riferì che il primo suggerimento lo ebbe a sedici anni, immaginando di viaggiare alla velocità della luce seduto davanti a un raggio luminoso con uno specchio davanti a sé. Accadeva che in questa scena non si potesse mai riflettere la sua immagine di viaggiatore sullo specchio. La luce e lo specchio, infatti, viaggiavano alla stessa velocità. Da questa scena visiva Einstein concluse che non vi può essere nessuno osservatore (ossia nessun corpo) che possa raggiungere o superare la velocità della luce.
Può colpire che alcune persone non vogliono vedere un film perché preferiscono leggere il libro a cui esso è ispirato. In fondo nel mondo di oggi così pragmatico ed efficiente si potrebbe considerare che è meglio ciò che ti permette di conoscere la narrazione in sole due ore, condendo il tutto con effetti speciali. Ma a rifletterci attentamente a differenza di un film, dove sei molto più passivo, nella lettura devi mettere qualcosa di tuo, della tua immaginazione e creatività e questo rende molto più attivo e, direi unico, il leggere rispetto al guardare. Quindi non è solo il desiderare di conoscere più particolari – che il film, per ovvie ragioni di tempo, non può mettere, che ti spinge a preferire il libro – ma, la lettura, ha un approccio decisamente diverso e irrinunciabile che fa crescere la persona come poche altre attività. Per questo non mi stancherò mai di invitare i giovani a leggere molto.
Un’altra cosa che mi sono chiesto spesso è perché Dio ha dato all’uomo la possibilità di sognare (e possiamo anche aggiungere la capacità di fantasticare)? In fondo il sogno e la fantasia sono pericolosi, si discostano dalla realtà, e rischiano di portarti fuori da ciò che è certo e sicuro. Eppure le più grandi scoperte scientifiche, le più significative rivoluzioni sociali sono nate da un sogno. Pensiamo a Martin Luter King con il suo: “I have a dream” (“Ho un sogno”). Credo che sia importante riscoprire la forza dell’immaginazione, che può servire al progresso dell’uomo al pari della forza ed energia. Certo come dicevano gli antichi, per non perdersi in un’evanescente fuga dalla realtà, occorre aggiungere un ingrediente essenziale: la sapienza. Così, consigliavano i maestri di spirito: Siate folli nei desideri e sapienti nel realizzarli.
 
Einstein attribuì lo sviluppo della teoria della relatività al suo essere stato più lento nell’imparare dicendo che, essendo giunto al concetto di spazio e tempo più tardi della maggior parte dei bambini, fu in grado di rifletterci maggiormente.
Mi viene da dire con Galileo Galilei, un altro dislessico di lusso, che: “Dietro ogni problema c’è un’opportunità”. Quante persone possono trovare proprio nelle difficoltà, nei limiti, una loro via, speciale e unica, per crescere e compiersi. Troppo spesso ci fermiamo a schemi precostituiti che nella loro rigidità mostrano tutta la loro fragilità. Quando Einstein diventò insegnante disse a un ragazzo che aveva difficoltà in matematica: “Non ti preoccupare delle tue difficoltà con la matematica, io ho fatto più fatica di te…”. Alle difficoltà di Einstein dobbiamo la sua semplicità: nonostante la matematica di inizio ‘900 fosse già molto complessa, lui è riuscito a descrivere in modo perfetto concetti particolarmente difficili, con l’uso di strumenti relativamente semplici, seguendo ragionamenti rigorosi e una logica ferrea. Proprio lì dove fai fatica puoi trovare delle risorse che superano la media comune.”

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