Non bisogna rimpiangere le fiabe narrate a memoria: nel lontano passato non avevano libri e non sapevano leggere. Ora che abbiamo e sappiamo, dobbiamo leggere i libri ai bambini.
Bisogna leggerli perché fanno bene a chi ascolta, a chi legge, e al legame che si crea fra i due. Bisogna leggerli perché la voce umana ha una vitamina segreta, che fa crescere i piccoli, e che non si trova nei Compact Disc di fiabe e alla televisione. Bisogna leggerli in un posto in cui si sta bene, a ore costanti del giorno, così si crea un’abitudine. Bisogna leggere libri belli, che anche il lettore provi piacere e leggere, così al bambino arriva quel libro acceso da quel piacere, e lo fa crescere.
C’è un grande progetto chiamato ‘Nati per leggere’, diffuso da anni in molti paesi del mondo (‘Born to read’ negli USA, ‘Bookstart’ in Gran Bretagna), in cui bibliotecari e pediatri si sono alleati per dire: bisogna leggere i libri ai bambini. E per spiegare quali libri, quando, come, dove e perché. A quel progetto, nelle biblioteche d’Italia o sul web, si possono chiedere quelle importanti spiegazioni, che non c’è più tempo di fare qui.
La Voce dell’uomo che chiama le cose non tacerà mai
Qui sta finendo il racconto. Era cominciato con una voce che narra ai bambini in una grotta, all’inizio del tempo; finisce con una voce che narra ai bambini in una camera, alla fine del giorno. I bambini, i racconti, i posti son cambiati: la voce resta.
Il fiume della voce che racconta attraversa la storia, creando il mondo al principio, battendo i ritmi del cuore, crescendo i bambini con le fiabe, facendosi mestiere nelle piazze, tramandando la cultura di un popolo, combattendo e convivendo con la scrittura, biforcandosi nei fiumi del teatro, mescolandosi con gli strumenti di oggi, radio, televisione, telefoni, computer, fino a arrivare… Dove?
‘Verso la foce’, dice il titolo di un libro di Gianni Celati, con cui voglio finire.
“D’un tratto risuonano richiami di gabbiani, uno chiama e altri rispondono. Anche le parole sono richiami, non definiscono niente, chiamano qualcosa perché resti con noi. E quello che possiamo fare è chiamare le cose, invocarle perché vengano a noi con i loro racconti: chiamarle, perché non diventino tanto estranee da partire ognuna per conto suo in una diversa direzione del cosmo, lasciandoci qui…”.
Bruno Tognolini
3 Comments
Elena
Bel post! Elena
rossellagrenci
Lo stile di Tognolini rinfranca!