Oggi voglio parlarvi della pratica della Minfulness. Questo termine significa Consapevolezza, riferito a “consapevolezza” dei propri pensieri, azioni e motivazioni.
Il concetto di Mindfulness deriva dagli insegnamenti del Buddismo (Vipassanā), dello Zen e dalle pratiche di meditazione Yoga, ma solo ultimamente questo modello è stato assimilato ed utilizzato come paradigma autonomo in alcune discipline psicoterapeutiche italiane, europee e d’oltre oceano.
Mindfulness è quindi una modalità di prestare attenzione, momento per momento, nel ‘qui ed ora, intenzionalmente e in modo non giudicante, al fine di risolvere (o prevenire) la sofferenza interiore e raggiungere un’accettazione di sé attraverso una maggiore consapevolezza della propria esperienza che comprende: sensazioni, percezioni, impulsi, emozioni, pensieri, parole, azioni e relazioni. (fonte Wikipedia).
Questa metodica trova applicazione anche con i bambini. Infatti negli ultimi anni sono state pubblicate alcune ricerche sull’uso della Minfulness con i bambini, nelle quali sono stati rilevati:
- miglioramento del funzionamento della capacità attentiva e del sistema esecutivo in generale,
- riduzione dei livelli di ansia e stress esperiti,
- effetti positivi sulle relazioni sociali
Chi si occupa di difficoltà scolastiche sa bene come i bambini sviluppino spesso ansia e frustrazione e come queste incidano aggravando ancor più le loro difficoltà. Insomma, è come il gatto che si morde la coda!
Data la relazione di reciproca influenza tra capacità attentiva, ansia e abilità accademiche, i programmi di mindfulness utilizzati nelle scuole hanno mostrato un miglioramento negli apprendimenti.
Nel blog Bioenergetica e Minfulness trovate una articolo molto interessante dal titolo Dieci passi per insegnare la Minfulness ai propri bambini, con 10 spunti per insegnare a se stessi e ai nostri figli o studenti
Vi invito a leggerlo!
Inoltre potete leggere e usare con i bambini il libro Semi di Felicità di cui vi ho parlato qui.
3 Comments
Giacomo Papasidero
Ciao Rossella,
io credo che insegnare ai ragazzi sin da piccoli a gestire le emozioni è importante, ma secondo me sarebbe ancora più importante insegnargli a eliminare quelle negative come modo di vivere, e non limitarsi a controllarle quando le provano. Sarebbe prezioso insegnare loro che possono scegliere cosa provare e dargli gli strumenti per trasformare, senza quindi né ignorare o reprimere o “sfogare”, le emozioni negative in emozioni positive.
Perché accontentarci di spiegare come controllare la rabbia quando possiamo insegnargli a non provarla in favore della calma e della pazienza? Sarebbe meglio no?
Io la chiamo indipendenza emotiva, e secondo me questa dovrebbe essere la direzione in cui andare, sia con gli adulti che, ovviamente, con i bambini.
rossella grenci
Sicuramente Giacomo, ti ospito per un post sull’argomento, ti va?
Giacomo Papasidero
Sarebbe un onore e un piacere 🙂
Ci accordiamo via email?