Adattare l’insegnamento della lingua per la presenza di dislessici in classe non significa limitare i contenuti ma piuttosto utilizzare strategie diverse che, pur mirate al soddisfacimento delle esigenze degli studenti linguisticamente più deboli, potenziano le abilità di tutto il gruppo classe.
Per procedere alla identificazione delle strategie più efficaci è necessario tenere presente che molti studenti potenzialmente dislessici non sono diagnosticati ma semplicemente etichettati come distratti, pigri o svogliati e che questo disordine si manifesta in alunni con un grado di intelligenza spesso superiore alla norma in aree diverse da quella linguistica. Va ricordato che le differenze tra una persona dislessica ed una non dislessica si manifestano principalmente nell’apprendimento dell’abilità della lettura e della scrittura e che tali differenze non sono particolarmente visibili; infine l’invisibilità del problema può essere acuita dalle caratteristiche fonologiche dell’italiano.
Considerando la situazione nel nostro paese, è molto importante leggere e valutare i diversi suggerimenti dei ricercatori di altri paesi, in particolare di lingua inglese, ed adattare tali idee alle concrete e diverse necessità degli studenti che incontriamo nella realtà delle nostre classi. Ricordiamo che, ad esempio, nei paesi di lingua inglese l’incidenza di dislessici è di quasi il venti per cento della popolazione e le difficoltà che gli studenti anglofoni incontrano già nella lingua madre sono marcate.
Negli Stati Uniti la ricerca sulla dislessia si è sviluppata partendo proprio dalla constatazione che un elevato numero di studenti universitari, brillanti in tutte le discipline, sembravano incapaci di apprendere una lingua straniera. L’incongruità della situazione portò i ricercatori alla constatazione che molti studenti, classificati come disabili, avevano semplicemente difficoltà di lettura, un deficit esclusivamente limitato all’area della elaborazione fonologica che è il segno della carenza di una coscienza della struttura sonora delle parole. Gli studi sistematici condotti nei decenni successivi hanno portato i ricercatori americani alla conclusione che gli studenti con deboli abilità nella lingua madre ottengono risultati scadenti nella lingua straniera a causa delle scarse abilità espressive, fonologiche ed ortografiche nella lingua madre e già dagli anni ’90 veniva consigliato un approccio all’insegnamento della lingua straniera che fornisse un’istruzione diretta dei sistemi fonologici, ortografici e sintattici della nuova lingua per compensare tali carenze già presenti nella lingua madre. L’approccio multisensoriale strutturato in maniera sequenziale utilizzato per insegnare le lingue straniere (la lettura e la scrittura in particolare) nei paesi anglosassoni ha dato risultati molto soddisfacenti poiché, confrontando i dati relativi a vari gruppi esposti ad approcci differenti, coloro che avevano fruito di quello multisensoriale ne avevano beneficiato fortemente conseguendo risultati di gran lunga superiori a quelli di studenti che avevano seguito corsi tradizionali. I progressi realizzati nell’apprendimento della lingua straniera dagli studenti a rischio grazie ad un’istruzione mirata erano visibili e riflessi anche nella lingua madre e si riscontrava un atteggiamento positivo nei confronti della lingua straniera.
Anna Chiarenza – Vittoria Coniglione
4 Comments
andrea
ciao,
ma se ti do l’email del professore di inglese di mio cugino, a cui la dislessia è stata diagnosticata, gliele diciamo due paroline!?!?!?
la dislessia non è poi molto più grave di un sacco di altre cose, della miopia ad esempio (sono forse ottimista?).
ma se in un caso basta mettersi gli occhiali nell’altro uno sforzo va fatto anche dai professori e dalle istituzioni, ed ecco che il problema viene aggravato dalla loro riluttanza, ma sarebbe meglio dire aggressiva opposizione in certi casi, a fare uno sforzo in più.
è il caso di mio cugino , ma non solo, che poi frustrato dal continuo insuccesso e dai continui rimproveri -oltre a trovarsi in un età in cui le priorità sono altre e il desiderio di affrancarsi cerca difficilmente di convivere con la necessità di trovare guide adeguate – sviluppa una serie di resistenze ancora più marcate al migliorare.
per non parlare di altri bambini assolutamente osteggiati dai maestri per le loro difficoltà (difficoltà di chi? dei maestri o dei bambini? e chi è che ne paga le conseguenze comunque?)
ok, botta di sfogo, ma finisco sul tuo blog e questo è il primo articolo che leggo in un momento in cui sono uscite in famiglia tutte queste storie.
rossellagrenci
Ciao Andrea, ti capisco, purtroppo. Continua a leggere e a informarti, e sostieni la “lotta” di tutti quelli che vogliono migliorare la qualità della vita dei dislessici. Hai firmato la petizione online? Se vuoi la trovi qui: http://rossellagrenci.wordpress.com/come-e-fatto-il-mio-blog/aderisci-alle-campagne-sociali-o-firma-gli-appelli/
Ciao
elisabetta
Voglio segnalare un fenomeno interessante: ho due bimbe, una di 10 anni l’altra di 2 anni; entrambe sono bilingue pefette francese italiano visto che mio marito è francese ed io italiana ed entrambe pur parlando presto e bene hanno presentato dei piccoli problemi di dislessia, tipo invertire le consonati di alcune parole parole sia in francese che in italiano.
rossellagrenci
Interessante… in realtà potrebbe essere indipendente dal fatto che siano bilingue. Complimenti per le bimbe!