“C’era una volta un re seduto sul sofà che disse alla sua serva raccontami una storia e la storia incominciò…”
La storia che stiamo per raccontarvi riguarda la nascita della filastrocca, della conta, della ninna nanna; dei suoi albori e di come tanto tempo fa i fanciulli si divertissero a giocare con gli scioglilingua e gli indovinelli.
La storia che stiamo per raccontarvi riguarda la nascita della filastrocca, della conta, della ninna nanna; dei suoi albori e di come tanto tempo fa i fanciulli si divertissero a giocare con gli scioglilingua e gli indovinelli.
Le origini della Filastrocca
La parola filastrocca, che deriva dal termine popolare toscano filastroccola.
Si comprendono sotto questo nome canzonette e formule cadenzate (dialogate, interrogative, narrative, ecc.) recitate dai fanciulli o dagli adulti per divertire i bambini.
Sono ordinariamente un’accozzaglia di sillabe, di parole, di frasi, che talvolta riproducono indefinitamente lo stesso motivo.
Ricorrono, di solito, nei giochi rappresentativi delle dita, delle mani o dei piedi, oppure accompagnano il gioco del sorteggio in cui uno dei fanciulli canticchia la formula toccando a ogni sillaba o cadenza una parte del corpo o del viso dei compagni, i quali escono dal cerchio o si ritirano per subire la penitenza.
Prevalgono nelle filastrocche i metri brevi, su ritmo celere conforme all’allegria predominante nei giochi infantili.
Le origini della Ninna nanna
Con questo nome s’indica quel genere di cantilene che servono a far addormentare i bambini e di cui si hanno esempi presso tutti i popoli della terra, civili ed incivili.
Si tratta di un componimento breve, di vario metro, per lo più concettualmente assai povero e privo di nessi logici; il ritmo è monotono e cadenzato, quasi ad accompagnare il moto della culla.
In musica è un breve componimento melodico, il cui movimento è moderato (Andante – Andantino), il ritmo pari, la musica generalmente in 2/4, talvolta anche 6/8; esempi assai noti sono le composizioni di W. A. Mozart, F. Chopin e J. Brahms.
Per quanto di uso universale, la ninna nanna differisce da popolo a popolo e da grado a grado di cultura. Presso i primitivi consiste nella ripetizione di poche frasi e si confonde con i canti o carmi che si recitano per alleviare i dolori del bambino e per allontanare i demoni dalla culla; presso i popoli civili prende talvolta vita e sostanza di poesia.
Le immagini tenere e affettuose tendono a suscitare visioni di paesi beati, di giardini pieni d’incanto, di tesori, di felicità, di fate e angeli recanti il dolcissimo sonno, che spesso è il Bambino Gesù, più spesso, poi un re o un imperatore a cavallo d’un bianco destriero, con briglia e sella d’oro o d’argento.
Una singolare forma di ninna nanna è quella di carattere furbesco, con cui, mentre si addormenta il bambino, si danno degli avvertimenti.
Con questo nome s’indica quel genere di cantilene che servono a far addormentare i bambini e di cui si hanno esempi presso tutti i popoli della terra, civili ed incivili.
Si tratta di un componimento breve, di vario metro, per lo più concettualmente assai povero e privo di nessi logici; il ritmo è monotono e cadenzato, quasi ad accompagnare il moto della culla.
In musica è un breve componimento melodico, il cui movimento è moderato (Andante – Andantino), il ritmo pari, la musica generalmente in 2/4, talvolta anche 6/8; esempi assai noti sono le composizioni di W. A. Mozart, F. Chopin e J. Brahms.
Per quanto di uso universale, la ninna nanna differisce da popolo a popolo e da grado a grado di cultura. Presso i primitivi consiste nella ripetizione di poche frasi e si confonde con i canti o carmi che si recitano per alleviare i dolori del bambino e per allontanare i demoni dalla culla; presso i popoli civili prende talvolta vita e sostanza di poesia.
Le immagini tenere e affettuose tendono a suscitare visioni di paesi beati, di giardini pieni d’incanto, di tesori, di felicità, di fate e angeli recanti il dolcissimo sonno, che spesso è il Bambino Gesù, più spesso, poi un re o un imperatore a cavallo d’un bianco destriero, con briglia e sella d’oro o d’argento.
Una singolare forma di ninna nanna è quella di carattere furbesco, con cui, mentre si addormenta il bambino, si danno degli avvertimenti.
Le origini dello Scioglilingua
Con il termine scioglilingua s’indicano giochi di parole, combinati, spesso ricorrendo a iati e allitterazioni e comunque difficili da pronunciare, talvolta anche privi di senso e che debbono essere recitati rapidamente.
Duplice il loro scopo, servendo alcuni da esercizi glottici per vincere difficoltà di pronuncia e disimpacciare la lingua; altri per imbarazzare, trarre in fallo e far esprimere spropositi ridicoli, nel recitarne il testo.
Nel primo caso prendono il nome di scioglilingua o sveglialingua; nel secondo di farfalloni o bisticci.
Con il termine scioglilingua s’indicano giochi di parole, combinati, spesso ricorrendo a iati e allitterazioni e comunque difficili da pronunciare, talvolta anche privi di senso e che debbono essere recitati rapidamente.
Duplice il loro scopo, servendo alcuni da esercizi glottici per vincere difficoltà di pronuncia e disimpacciare la lingua; altri per imbarazzare, trarre in fallo e far esprimere spropositi ridicoli, nel recitarne il testo.
Nel primo caso prendono il nome di scioglilingua o sveglialingua; nel secondo di farfalloni o bisticci.
Le origini della Conta
Nel gioco, o anche il altre occasioni in cui si debba estrarre a sorte fra i componenti di un gruppo, “fare al tocco” o “a chi tocca”, significa designare quello tra i presenti che dovrà fare una determinata cosa, affidando la scelta alla sorte;
l’origine del gioco è toscana e di solito si procede così: ciascuno dei presenti, disposti in cerchio, allunga la mano aprendo quante dita vuole; uno fa la somma di tutte le dita presentate e poi conta fra i partecipanti fino ad arrivare a quel numero ; colui che viene toccato per ultimo è il designato.
Fuori dall’uso toscano si dice anche “fare il conto”, “fare a la conta” o “alla conta”.
Nel gioco, o anche il altre occasioni in cui si debba estrarre a sorte fra i componenti di un gruppo, “fare al tocco” o “a chi tocca”, significa designare quello tra i presenti che dovrà fare una determinata cosa, affidando la scelta alla sorte;
l’origine del gioco è toscana e di solito si procede così: ciascuno dei presenti, disposti in cerchio, allunga la mano aprendo quante dita vuole; uno fa la somma di tutte le dita presentate e poi conta fra i partecipanti fino ad arrivare a quel numero ; colui che viene toccato per ultimo è il designato.
Fuori dall’uso toscano si dice anche “fare il conto”, “fare a la conta” o “alla conta”.
Le origini dell’Indovinello
Si chiama più comunemente con questo nome l’enigma popolare, breve, riferentesi a cose comunissime.
L’indovinello popolare ha generalmente struttura metrica e comincia con una formula che varia da luogo a luogo ( “Indovina, indovinaglia” in Sicilia; “Cosa, cosella” in Lucania; “Devine, devinaille” in Bretagna; “Adivina, adivinanza” in Andalusia; ecc.).
A seconda del tipo si chiama: dubbio, quando contiene molteplici proposte e risposte; acchiapparello, quando serve ad “acchiappare” (burlare) con una seconda proposta a chi ha fatto la prima; passerotto, quando fa pensare l’interrogato a tante cose diverse, mentre la risposta è semplice e naturale.
Comunemente è descrittivo, ma può essere anche narrativo (indovinello-storia), e nell’una e nell’altra forma può trovarsi intercalato in un racconto, in una facezia, in una fiaba, se pure il racconto non abbia come motivo centrale l’indovinello stesso e la sua soluzione.
L’uso di questo componimento è universale, presso i popoli antichi e gli odierni, ma non sempre ha carattere di divertimento.
Da alcune tradizioni popolari si rileva che agl’indovinelli venne talvolta attribuito un carattere ordalico, onde la soluzione faceva guadagnare la vita al condannato a morte, ottenere una sposa d’alto lignaggio a un uomo povero o di modesti natali e così via.
L’origine dell’indovinello è oscura; la si può far risalire al periodo mitico dell’umanità, quando alcune espressioni relative a fatti e fenomeni naturali avrebbero acquistato significato simbolico col passare di bocca in bocca e di generazione in generazione.
Si chiama più comunemente con questo nome l’enigma popolare, breve, riferentesi a cose comunissime.
L’indovinello popolare ha generalmente struttura metrica e comincia con una formula che varia da luogo a luogo ( “Indovina, indovinaglia” in Sicilia; “Cosa, cosella” in Lucania; “Devine, devinaille” in Bretagna; “Adivina, adivinanza” in Andalusia; ecc.).
A seconda del tipo si chiama: dubbio, quando contiene molteplici proposte e risposte; acchiapparello, quando serve ad “acchiappare” (burlare) con una seconda proposta a chi ha fatto la prima; passerotto, quando fa pensare l’interrogato a tante cose diverse, mentre la risposta è semplice e naturale.
Comunemente è descrittivo, ma può essere anche narrativo (indovinello-storia), e nell’una e nell’altra forma può trovarsi intercalato in un racconto, in una facezia, in una fiaba, se pure il racconto non abbia come motivo centrale l’indovinello stesso e la sua soluzione.
L’uso di questo componimento è universale, presso i popoli antichi e gli odierni, ma non sempre ha carattere di divertimento.
Da alcune tradizioni popolari si rileva che agl’indovinelli venne talvolta attribuito un carattere ordalico, onde la soluzione faceva guadagnare la vita al condannato a morte, ottenere una sposa d’alto lignaggio a un uomo povero o di modesti natali e così via.
L’origine dell’indovinello è oscura; la si può far risalire al periodo mitico dell’umanità, quando alcune espressioni relative a fatti e fenomeni naturali avrebbero acquistato significato simbolico col passare di bocca in bocca e di generazione in generazione.
Si ringrazia Jolanda di Filastrocche.it
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