L’argomento di cui voglio parlarvi oggi è estremamente delicato ed ha a che vedere con il malessere psicologico legato all’ansia, alla frustrazione e alle incomprensioni che i bambini dislessici vivono. Se il clima scolastico e familiare non supporta il bambino nel suo stile di apprendimento, col tempo, porterà i soggetti a soffrire di una serie di problematiche che possono sfociare in forme di depressione e condotte di dipendenza da farmaci, cibo, alcol e droghe.
Lo spiega molto bene un libro inglese dal titolo Dyslexia and Depression. The Hidden Sorrow (Dislessia e Depressione. Il dolore nascosto) e che avvalora ancor più l’ipotesi di una ricerca condotta dalla dottoressa Antonella Amodio, alla quale sto partecipando. Tutto questo mostra come la scuola sia un fattore di rischio troppo importante per sottovalutarlo!
Ecco perchè questi bambini vanno aiutati in diversi modi, compreso dare loro la possibilità di parlare delle loro emozioni per gestirle al meglio.
E’ quello che si prefigge di fare il libro della Erickson DSA in gioco, che utilizza l’approccio cognitivo-comportamentale per spezzare quei meccanismi disfunzionali legati a pensieri, emozioni e comportamenti che tendono a mantenere lo stato di disagio.
Ecco perchè è importante acquisire consapevolezza di ciò che si fa, si pensa e si prova nel presente.
Così è nato Octopus, il gioco che permette al bambino-a/ragazzo-a di parlare dei propri problemi di apprendimento e poi affrontarli insieme all’operatore.
Il gioco può essere “somministrato” sia individualmente che in gruppo e si basa sul gioco dell’Oca.
La consapevolezza del proprio disturbo pone il soggetto in una posizione attiva che gli permette di reagire a momenti di particolari difficoltà, a volte seguenti alla diagnosi. Una volta che il soggetto avrà preso consapevolezza riguardo a situazioni personali e ambientali che possono accrescere gli effetti negativi legati al disturbo, viene offerta l’occasione di comprendere quali risorse attivare per minimizzare gli effetti del disturbo e utilizzarle per un miglior sviluppo della persona.
Il gioco è utile ai bambini dagli 8 ai 14 anni ma è chiaro che l’età è molto indicativa. Interessanti e utili le domande che accompagnano il gioco, già esse un ottimo strumento per parlare di sè e di come ci si sente, un primo passo verso la comprensione e l’uscita da un eventuale stato di isolamento emotivo.
Naturalmente questo strumento va gestito da operatori preparati che conoscano bene le problematiche dei DSA!