Skip to content Skip to footer

DISLESSICI, NATIVI DIGITALI E LA SCUOLA DOPO IL CORONAVIRUS

In relazione al mio nuovo lavoro La dislessia. Dalla scuola al lavoro nel terzo millennio, l’argomento centrale a me caro è proprio quello dei nativi digitali e del loro profilo cognitivo, così simile fra loro e tale da farmi credere che quando la scuola comprenderà questo e si allineerà al loro stile di apprendimento, i dislessici saranno un traino per il rinnovamento dell’insegnamento.

In questo momento così particolare e difficile la Scuola ha dovuto inventarsi un nuovo modo di interagire con gli studenti. Si badi bene, però, che la scommessa è quella di riuscire a reinventare non solo le modalità tecnologiche, ma l’approccio pedagogico! 

Mi ha colpito l’articolo di Alessandro Baricco uscito il 2 aprile su Medium.com, che scrive di aver capito 11 cose da questo periodo. Al punto DUE scrive:

Stiamo facendo pace col Game, con la civiltà digitale: l’abbiamo fondata, poi abbiamo iniziato a odiarla e adesso stiamo facendo pace con lei. La gente, a tutti i livelli, sta maturando un senso di fiducia, consuetudine e gratitudine per gli strumenti digitali che si depositerà sul comune sentire e non se ne andrà più. Una delle utopie portanti della rivoluzione digitale era che gli strumenti digitali diventassero un’estensione quasi biologica dei nostri corpi e non delle protesi artificiali che limitavano il nostro essere umani: l’utopia sta diventando prassi quotidiana. In poche settimane copriremo un ritardo che stavamo cumulando per eccesso di nostalgia, timore, sospetto o semplice fighetteria intellettuale. Ci ritroveremo tra le mani una civiltà amica che riusciremo meglio a correggere perché lo faremo senza risentimento.

Dove non c’erano riusciti studi scientifici sulle neuroscienze, ci è riuscito lui, il virus, a dare priorità a qualcosa che, come dice Baricco, per timore o per nostalgia, stava arrestando anche il rinnovamento della didattica.

La prima cosa da fare è accettare che esiste una divisione tra nativi digitali e immigrati digitali, in modo tale da decidere come ridurre al minimo il divario fra essi. E se non lo si fa adesso, sarà difficile farlo in un altro momento: di necessità virtù, dice il proverbio!

Quello che è importante, nel caso dei dislessici, è che questo periodo serva a dare loro la possibilità di sfruttare i loro punti di forza, dati dal pensiero olistico e visuo-spaziale.

Prensky (il padre USA dei nativi digitali) lo sapeva bene quando diceva:

Bisogna educare i bambini pensando al loro futuro, piuttosto che al nostro passato.

Questo non solo per parlare agli studenti nel loro linguaggio, ma anche per sviluppare le competenze che la società digitale richiede e che, ovviamente, essi non sempre hanno, perché non basta essere nativi digitali per averle svuluppate, e qui subentra il compito della Scuola.

Se vuoi acquistare online il libro lo trovi qui.

Lascia un commento

0.0/5

I link nei commenti potrebbero essere liberi dal nofollow.