Imparare a suonare uno strumento musicale può aiutare i bambini ad apprendere le lingue aumentando la sensibilità del cervello ai suoni della parola.
Lezioni di musica potrebbe avere un impatto diretto sulla capacità di un bambino ad apprendere le lingue modificando la sensibilità della mente a tutti i suoni.
I test hanno rivelato che l'esposizione alla musica può essere utile per il cervello nelle sue fasi di sviluppo e avrebbe vantaggi per tutti i bambini, compresi quelli dislessici (disturbi dell'apprendimento) e autistici (diminuzione dell'integrazione sociale e della comunicazione).
I ricercatori della Northwestern University di Chicago, in America, hanno stabilito un legame tra l'abilità musicale e la capacità del sistema nervoso ad adottare modelli di suono.
Ho cominciato la formazione in Brain Gym con la pedagogista Maria Paola Casali. La ringrazio di cuore per quello che ho imparato da lei in questi giorni. Vi dò solo un assaggino...
Maria Paola durante uno dei suoi corsi.
La Kinesiologia educativa e il Brain Gym aiutano l'integrazione tra il sistema limbico (le emozioni), la corteccia cerebrale (il pensiero conscio-associativo) e il cervello posteriore e anteriore (ricezione ed espressione), se vogliamo usufruire delle nostre piene potenzialità.
Spesso a causa dello stress o della postura sbagliata i due emisferi comunicano male, cioè con poco successo, ed uno dei due prende il sopravvento. Quindi, di conseguenza, reagiamo solo in modo riflesso, dominati dal nostro centro di sopravvivenza.
POSITIVITA' del Brain Gym: non usa i termini “problema” o “difficoltà”, che implicano già un giudizio di valore, ma preferisce parlare di “sfide”, termine che evoca l’esercizio della libertà di scelta.
Nuova teoria Usa: superata l’idea che abbiano un cervello poco sviluppato, la loro mente è aperta e flessibile. Più neuroni rispetto agli adulti, per questo le loro facoltà sono infinite. Più intelligenti di quanto crediamo. I bambini piccoli sono così, tutt’altro che inconsapevoli. Fanno operazioni logiche, sono creativi, capiscono il mondo. Gli danno un senso, molti sensi, non escludono niente. La vita la conoscono tutta, perché per loro è tutta nuova e travolgente. I bambini, in qualche modo, sono filosofici. Bella definizione, l’ha usata una psicologa cognitiva americana, Alison Gopnik, che insegna all’Università di Berkeley in California, per il suo libro “The philosophical baby” appunto. La tesi è: i bimbi sono molti più coscienti di quanto riusciamo noi a vedere, immersi come sono nella palpitante attività dell’esistenza, quella che tedia o stressa noi. Quella vita lì, da zero a quattro anni grosso modo, non è un magma indistinto di bisogni e necessità e poi nient’altro.