Tra i tanti luoghi comuni legati alla crescita dei bambini c'è quello che dovrebbero essere sempre tranquilli, sereni, non disturbare, dormire tutta la notte prima possibile, finire tutto quello che hanno nel piatto, stare fermi.
Quando i miei figli erano piccoli (e mica poi tanto!) mi sono sempre sentita molto in colpa e inadeguata perchè dormivano poco e nel lettone, perchè volevano stare in braccio, mangiavano con le mani... insomma, non erano il massimo di quello che uno pensi sia un bambino "tranquillo ed educato". Al contrario sono sempre stati molto autonomi, socievoli e con gusti ben precisi. Ma quando possiamo dire che un bambino è "viziato"?
A questa domanda risponde un libro della scrittrice Alessandra Bortolotti:
I bisogni dei bambini non sono vizi.
Un nuovo blog che parla di dislessia in modo competente e "pratico", quello di Eva Benso: Pianeta Dislessia. La particolarità è data dal fatto che Eva ha una formazione artistica, è laureata in Belle Arti ed è grafico editoriale. Vi chiederete: ma cosa ha a che fare questo con la Dislessia? Il padre di Eva è un noto neuropsicologo, per cui lei si è formata come operatrice specializzata in training di rinforzo già da parecchi anni.
Eva Benso, di recente, ha anche pubblicato un libro che spero di leggere presto e che vi segnalo: La dislessia - Una guida per genitori e insegnanti: teoria, trattamento e giochi.
La scuola fa male! Questo è quello che sostiene James Marcus Bach (figlio del già noto Richard, autore del gabbiano Jonathan Livingston) nel suo primo libro, pubblicato in Italia recentemente da Sperling & Kupfer.
Come potete immaginare un titolo così mi ha incuriosito, soprattutto se comprato una sera di una fredda domenica invernale girovagando in libreria... Purtroppo, nonostante i buoni propositi dell'autore, il libro non è stato all'altezza delle mie aspettative.
Questo non vuol dire che non offra degli spunti di riflessione riguardo alla scuola e ai metodi di studio che l'autore ha sviluppato essendo un autodidatta (o quasi). Di sicuro fa riflettere come, almeno in America, non è più una novità che un ragazzo abbandoni la scuola per costruirsi da solo, anche con ottimi e soddisfacenti risultati.
EricksonLIVE è il nuovo progetto firmato Erickson che propone pubblicazioni di narrativa, biografie, presentazioni di buone prassi, descrizioni di sperimentazioni, metodologie e strumenti di lavoro.
EricksonLIVE dà voce ai professionisti del mondo della scuola, dell’educazione e del settore socio/sanitario, ma anche a genitori, studenti, pazienti, utenti, volontari e cittadini attivi. Vengono selezionate, pubblicate e divulgate le esperienze, le sperimentazioni e le idee che questi protagonisti hanno sviluppato e realizzato: si dà loro l’opportunità di condividerle attraverso la stampa tradizionale, l’e-book e il web.
Sindrome di Asperger, un nome ancora poco conosciuto che nasconde una realtà più comune di quanto si creda! In Italia, come al solito, le informazioni viaggiano con un passo più lento... Dal 2002, però, è nata un'Associazione di genitori dal nome Gruppo Asperger.
Quello che adesso permette di conoscere meglio questa realtà non è solo una letteratura più ricca (se ricordate ho scritto in merito ad un libro che mi è piaciuto molto "Lo strano case del cane ucciso a mezzanotte", ma anche "Amore come inverno") ma anche la vasta filmografia. In questi giorni uscirà nelle sale cinematografiche italiane Il mio nome è Khan (My name is Khan), un film bolliwoodiano-americano sulla storia di un uomo con la Sindrome di Asperger. E' invece uscito in primavera un altro film delicato e toccante: Adam.
Articolo tratto da Un pediatra per amico scritto da Sonia Bozzi.
Le mani sanno leggere
Diversi anni fa, a metà degli anni ’80, un grandissimo scrittore immaginava l’uomo del futuro senza naso, incapace di sentire gli odori. Lo scrittore si chiamava Italo Calvino ed era tanto preoccupato per la perdita di conoscenza sensoriale da decidere di scrivere cinque racconti, ognuno dei quali dedicato ad un senso. Poi morì, e l’opera rimase incompiuta. Ma la preoccupazione doveva essere diffusa perché già qualche anno prima Bruno Munari organizzava i suoi laboratori per bambini, convinto che l’educazione sensoriale fosse importante come quella linguistica o musicale e che andasse insegnata nelle scuole. Munari sosteneva che finché siamo bambini i nostri recettori sensoriali rimangono ben aperti, per ricevere, assimilare, elaborare, imparare, per distinguere, cogliere le sfumature. Diventati adulti non impariamo più niente, i nostri sensi si atrofizzano, lentamente. Soltanto la ragione e il profitto riescono a dirci qualcosa.