Fedele alla sua utopia di un mondo migliore, Munari realizzò i laboratori Giocare con l’arte, che si prefiggono di stimolare la creatività e il pensiero progettuale nei bambini.
Un progetto per il futuro, in una società dove il bambino possa essere riconosciuto come una persona e non come un adulto in miniatura, a cui proporre come giocattoli riproduzioni in formato ridotto di oggetti degli adulti.
Un progetto per il futuro, in una società dove il bambino possa essere riconosciuto come una persona e non come un adulto in miniatura, a cui proporre come giocattoli riproduzioni in formato ridotto di oggetti degli adulti.
Già Walter Benjamin prima e Roland Barthes poi avevano intuito l’esigenza dei bambini di inventarsi e di costruirsi da sé il mondo oggettuale, senza doverlo prendere già dotato di significalo dagli adulti. Negli ultimi anni l’artista e didatta ripeteva spesso: “Stiamo facendo una rivoluzione, ma attenzione, diciamolo sottovoce, potrebbero sentirci. Un bambino creativo diventerà un adulto, una persona libera, una persona pericolosa…”.
… è con la nascila di suo figlio Alberto che Munari papà pensa alla realizzazione di giochi e libri per un nuovo bambino… oggetti trasformabili e manipolabili, spesso “non finiti”, da completare in piena libertà, secondo il precetto di Lao Tse.
Giochi per una esperienza sensoriale globale, che “abitueranno il bambino a ridere apertissimamente”, a sviluppare l’immaginazione e la sensibilità, secondo gli obiettivi enunciati nel 1915 dagli artisti Balla e Depero attraverso il Manifesto sulla Ricostruzione futurista dell’Universo. Con i giochi didattici che Munari progetta insieme al pedagogista Giovanni Belgrano per le Edizioni Danese intorno agli anni ’70, alla cui base è il concetto della sequenza, si creano le premesse per un programma didattico di Educazione visiva.
Bruno Munari e anche pedagogo intuitivo. Applica i principi fondamentali della “pedagogia attiva”, come sostiene il figlio Alberto Munari nell’illuminante saggio Munari, Piaget e Munari, dove descrive le numerose convergenze di pensiero tra suo padre e Piaget, di cui Alberto fu collaboratore diretto. Entrambi sono contrari all’imposizione, entrambi propongono il fare: sperimentare, cercare e scoprire da soli, in modo autonomo.
“Metodo attivo-scientifico” lo definiva Bruno Munari, affermando di sentirsi vicino a quello della Montessori. Un metodo fatto sopratutto di azioni didattiche per coinvolgere i bambini in modo globale e attivo, ispirate a principi per lo più di origine orientale. Principi espressi con frasi semplici, essenziali, per essere capite bene da tutti. Ma spesso fraintesi. “E tutto qui? Facile, troppo facile…”. “Semplificare è più diffìcile che complicare…” soleva ripetere l’artista.
… è con la nascila di suo figlio Alberto che Munari papà pensa alla realizzazione di giochi e libri per un nuovo bambino… oggetti trasformabili e manipolabili, spesso “non finiti”, da completare in piena libertà, secondo il precetto di Lao Tse.
Giochi per una esperienza sensoriale globale, che “abitueranno il bambino a ridere apertissimamente”, a sviluppare l’immaginazione e la sensibilità, secondo gli obiettivi enunciati nel 1915 dagli artisti Balla e Depero attraverso il Manifesto sulla Ricostruzione futurista dell’Universo. Con i giochi didattici che Munari progetta insieme al pedagogista Giovanni Belgrano per le Edizioni Danese intorno agli anni ’70, alla cui base è il concetto della sequenza, si creano le premesse per un programma didattico di Educazione visiva.
Bruno Munari e anche pedagogo intuitivo. Applica i principi fondamentali della “pedagogia attiva”, come sostiene il figlio Alberto Munari nell’illuminante saggio Munari, Piaget e Munari, dove descrive le numerose convergenze di pensiero tra suo padre e Piaget, di cui Alberto fu collaboratore diretto. Entrambi sono contrari all’imposizione, entrambi propongono il fare: sperimentare, cercare e scoprire da soli, in modo autonomo.
“Metodo attivo-scientifico” lo definiva Bruno Munari, affermando di sentirsi vicino a quello della Montessori. Un metodo fatto sopratutto di azioni didattiche per coinvolgere i bambini in modo globale e attivo, ispirate a principi per lo più di origine orientale. Principi espressi con frasi semplici, essenziali, per essere capite bene da tutti. Ma spesso fraintesi. “E tutto qui? Facile, troppo facile…”. “Semplificare è più diffìcile che complicare…” soleva ripetere l’artista.
Nei laboratori che Munari realizza a Brera per i bambini “si gioca all’arte visiva”, si sperimentano tecniche e regole ricavate dalle opere d’arte di ogni epoca, trasformate in giochi.
I laboratori Munari praticano, così, un apprendimento che si fa, che è gioco: si tocca con gli occhi e si vede con le mani, si recuperano i sensi al singolare per reinventare il mondo quotidiano.
tratto dal libro di Beba Restelli: Giocare con tatto. Per una educazione plurisensoriale secondo il metodo Bruno Munari.
2 Comments
maria luisa
Condivido pienamente questo genere di pensiero.
Lasciate un bambino libero di giocare con gli altri e vedrete che con pochi mezzi inventerà mille storie.
A volte non servono nemmeno i libri o i giochi adatti, ma bastano degli stracci e delle mollette o un pò di acqua e farina per essere creativi.
Sario
Sono un’astista che insegna alle medie e alle superiori. So benissimo quanto sia importante l’arte e quanto contribuisca a migliorare lo sviluppo dell’autostima nei ragazzi.