Trovo che quello che ha scritto il Provveditorato agli studi di Reggio Emilia a marzo del 2009 sia davvero illuminante. Sono riflessioni pratiche e piene di buon senso nei confronti degli studenti con DSA.
Consiglio di leggerlo e di farlo leggere...
Ne riporto una parte, il resto potete leggerlo qui.
Non è compito della scuola entrare nel dibattito sulla specifica natura dei DSA ma si deve prendere atto del fatto che si va stabilizzando un preciso consenso internazionale intorno alla convinzione che i DSA abbiano una base neurobiologica, sia pure non ancora completamente e definitivamente individuata (in ambito italiano vale ricordare il Documento conclusivo della Consensus Conference dalle diverse professionalità mediche e psicologiche in ordine ai DSA).
Ecco i risultati di una ricerca canadese che ribalta le teorie sostenute finora sulla capacità dei piccoli di comprendere i paradossi. E rimette in discussione gli schemi usati da sempre sull'intera evoluzione del linguaggio infantile.
E' quello che scrive la giornalista Vera Schiavazzi nell'articolo di Repubblica di seguito riportato:
Ho trovato in libreria un libro fantastico che ancora non ho letto: mi è bastato sfogliarlo per capirne i contenuti (anche perchè è ricchissimo di immagini!). Il libro di Beba Restelli, allieva di Bruno Munari, si intitola :Il gioco di Alfa e Beta, ed è il frutto di venticinque anni di esperienza e di scoperte dell'autrice.
La scrittura è vista come fonte di piacere, non solo come strumento prezioso di cultura e di conoscenza del mondo: è bella da vedere, perfino quando incomprensibile. Bruno Munari giocava con la scrittura, come la intendeva il poeta tedesco Novalis per cui “giocare vuol dire fare esperimenti con il caso”. L’artista inventa una scrittura, anzi pensa a un popolo di cui non conosciamo l’esistenza, ma di cui ci è pervenuta la scrittura ed ecco le Scritture illeggibili di popoli sconosciuti.
Scarabocchi, ancora scarabocchi... Quelli che facciamo mentre ascoltiamo qualcuno parlare o nella sala d'attesa del medico. Ma cosa significano?
«Attraverso questi schizzi si sfogano le proprie emozioni e si rappresenta per immagini quello che avviene all'interno di ognuno», spiega Evi Crotti, psicopedagogista e autrice del libro I disegni dell'inconscio (Mondadori) . «Se la parola è posta sotto il controlle dell'educazione, lo scarabocchio possiede un potenziale di comunicazione non verbale. E migliora anche la concentrazione». Uno studio del Medical Research Council della Cambridge afferma che scarabocchiare a briglia sciolta mentre si ascolta qualcuno aiuta a ricordare i dettagli del discorso.