Care maestre e cari maestri,
mi è capitato spesso, in questo periodo, di ricevere lettere o telefonate da qualcuno di voi. La domanda che mi viene rivolta con maggiore insistenza è: “Come facciamo a insegnare, in tempi come questi?”. I sottintesi alla domanda sono molti: il ritorno del “maestro unico”; classi sempre più affollate; bambini e bambine che provengono da altre culture e lingue e non sanno l’italiano etc.
Anch’io, come voi, soprattutto nei primi anni della mia attività di maestro, mi ponevo interrogativi analoghi.
Due libri, uno di Maria Montessori, l'altro a lei ispirato: Educare alla libertà e Libertà e amore (con un assaggio di lettura qui).
Quello montessoriano non è solo un metodo educativo, è molto di più: è un modo di guardare il mondo e le creature che lo abitano con gentilezza e amore, nella consapevolezza che siamo tutti parte della stessa grande ragnatela...
Riporto un brano tratto dal libro di Maria Montessori Educare alla libertà:
da La Carta della Terra
Il bambino ecologico
Bela Banathy - ricercatore nel campo dell’educazione e teorico dei sistemi - sostiene che, nella nostra società, i veri pensatori sistemici sono proprio i bambini di quattro o cinque anni, in quanto pensano e agiscono nella globalità delle loro esperienze.
Nel blog Potatoes' Mum troviamo un'altra mamma alle prese con l'educazione dei propri figli e con la convinzione che la scuola non funzioni.
Vi riporto una parte del brano sull' Homeschooling che Potatoes' Mum ha tradotto, tratto da Teach Your Own di John Holt e Pat Farenga:
“La scuola è un posto dove i bambini imparano ad essere stupidi”. Vedevo che era così, ma non capivo perché. (…) Era paura, noia, e la confusione di dover continuamente maneggiare parole e simboli senza significato. Mi rendo conto ora che si trattava di questo, ma più che altro, del fatto che altri avessero preso il controllo delle loro menti. Erano stati educati, nel senso che erano stati ammaestrati come animali da circo, a fare giochi di prestigio a richiesta, e questo li aveva resi stupidi (perlomeno a scuola).
Trovo che quello che ha scritto il Provveditorato agli studi di Reggio Emilia a marzo del 2009 sia davvero illuminante. Sono riflessioni pratiche e piene di buon senso nei confronti degli studenti con DSA.
Consiglio di leggerlo e di farlo leggere...
Ne riporto una parte, il resto potete leggerlo qui.
Non è compito della scuola entrare nel dibattito sulla specifica natura dei DSA ma si deve prendere atto del fatto che si va stabilizzando un preciso consenso internazionale intorno alla convinzione che i DSA abbiano una base neurobiologica, sia pure non ancora completamente e definitivamente individuata (in ambito italiano vale ricordare il Documento conclusivo della Consensus Conference dalle diverse professionalità mediche e psicologiche in ordine ai DSA).
Ecco i risultati di una ricerca canadese che ribalta le teorie sostenute finora sulla capacità dei piccoli di comprendere i paradossi. E rimette in discussione gli schemi usati da sempre sull'intera evoluzione del linguaggio infantile.
E' quello che scrive la giornalista Vera Schiavazzi nell'articolo di Repubblica di seguito riportato: