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DISLESSIA E SISTEMA ATTENTIVO SUPERIORE (SAS): RUOLO DELLO SPORT

 
Interessantissimo articolo di Federica Mazzoli che spiega l'importanza dello Sport per i bambini con Disturbo Specifico di Apprendimento.
 
 
...Tutti i tipi di apprendimento hanno bisogno di risorse attentive per realizzarsi; un intervento abilitativo pertanto non potrà occuparsi soltanto del modulo specifico deteriorato (lettura, scrittura, calcolo), ma dovrà estendersi anche alle componenti attentive ad esso dedicate e al Sistema Attentivo Supervisore (SAS; Shallice 1988).
A questo punto entra in gioco lo Sport...Vi chiederete perché...
Perché l'apprendimento motorio complesso richiede un intervento diretto del Processore Centrale. Durante l'apprendimento di una attività ludico sportiva si possono affrontare diversi e importanti aspetti del sistema esecutivo (gestione della frustrazione, controllo dell'interferenza, sviluppo delle risorse) calibrando le difficoltà sulle reali risorse del soggetto che sarà impegnato in esercizi gradualmente sempre più complessi. I bambini con SAS debole sollecitati correttamente e spinti al limite massimo delle loro risorse (come è necessario che accada sia nei campi e nelle palestre sportive sia "a casa") possono chiedere di abbandonare l'attività se non ben agganciati psicologicamente. Un istruttore preparato, consapevole di allenare determinate funzioni, andrà infatti a "lavorare su un dente cariato che duole" e la prima reazione di alcuni dei nostri ragazzi sarà quella di abbandonare. Il genitore avrà l'arduo compito di verificare, quando il bambino dirà di non voler più andare a praticare, se ciò sia dovuto a noia da ipostimolazione (abbandonato nel gruppo dove vengono considerati solo i più bravi); a vessazioni e maltrattamenti di allenatori troppo "convinti" e poco preparati o alla giusta stimolazione del SAS che mette inevitabilmente in difficoltà (Benso, 2007). Risulta chiara l'importanza della scelta di un buon allenatore che prima ancora di essere un "tecnico" dovrà essere osservatore capace e sensibile.

VEDERE IL BAMBINO DISLESSICO A 360°: PUNTI DI FORZA OLTRE QUELLI DI DEBOLEZZA

In questo articolo di Federica Mazzoli si parla in modo chiaro e diretto della "specificità" di ogni dislessico, e di come sia importante basarsi non solo sui deficit del bambino, ma anche sulle sue potenzialità.
Partiamo da una definizione: La Dislessia è un Disturbo Specifico dell'Apprendimento (DSA). Con questo termine ci si riferisce ai soli disturbi delle abilità scolastiche ed in particolare a: DISLESSIA, DISORTOGRAFIA, DISGRAFIA E DISCALCULIA.
La principale caratteristica di questa categoria è la "specificità"; ovvero il disturbo interessa uno specifico dominio di abilità (lettura, scrittura, calcolo) lasciando intatto il funzionamento intellettivo generale. Ciò significa che per avere una diagnosi di dislessia, il bambino NON deve presentare: deficit di intelligenza, problemi ambientali o psicologici, deficit sensoriali o neurologici. (Associazione Italiana Dislessia-AID).
In Italia i due parametri di riferimento per la diagnosi di dislessia sono la velocità di lettura (sillabe al secondo) e l'accuratezza (numero di errori commessi). Ma, essendo l'italiano una lingua "trasparente" (una serie di lettere corrisponde quasi univocamente a determinati suoni), l'elemento cruciale è determinato dalle sillabe al secondo (Tressoldi, 1998; Stella, 2000; Stella, di Blasi, Giorgetti e Savelli, 2003).
È importante iniziare a capire che definire un bambino "dislessico" in realtà ha poco significato; nella pratica quotidiana, come clinici, insegnanti e mamme, non importa sapere se il piccolo rientra all'interno dei canoni convenzionale indicati dai manuali statistici diagnostici.

IL CERVELLO DEL DISLESSICO: DIVERSA STRUTTURA E FUNZIONALITA’, MA QUESTO NON SIGNIFICA MALATTIA!

 
Ma cosa significa disturbo di “origine neurobiologica” quando si parla di dislessia?
Purtroppo succede spesso, anche da parte dei medici (di recente ho dovuto scrivere un email per chiarire circa un articolo scritto da un pediatra, apparso su un noto giornale), confondere il termine "neurobiologico" con "danno a livello neurologico".
Assolutamente no!
Il dislessico non ha nessun danno, non è malato, come invece riportano molte volte articoli apparsi sui giornali (compresi quelli "scientifici"!).
 
Un esempio della funzionalità del cervello, e di come essa viene studiata nel caso dei dislessici, è questo articolo del 2003.
Il cervello del dislessico, in realtà, secondo alcuni studi non tanto recenti, avrebbe delle specificità anatomiche (nella struttura) e una specificità fisiologica (nel funzionamento).
Lo studio sotto riportato è un esempio del secondo caso...

ALCUNI SEGNI DELLA DISLESSIA IN ETA’ ADULTA

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Ecco alcuni segni che possono caratterizzare la dislessia in età adulta secondo quanto riportato dall'allegato dell'Università di Bologna riguardo al progetto a favore degli studenti dislessici:
Lettura:
- può essere lenta e richiedere un grande sforzo.
- Ci possono essere difficoltà visive e affaticamento fisico, in particolare quando si leggono pagine in bianco e nero o sullo schermo del computer
- può essere inaccurata,
- può contenere errori di decifrazione e comportare omissioni di parole o di intere righe la lettura ad alta voce in pubblico
- può essere fonte di forte imbarazzo per la persona un testo
- può necessitare di essere riletto più volte prima che il significato diventi chiaro

L’UNIVERSITA’ DI BOLOGNA A FAVORE DEGLI STUDENTI DISLESSICI

 
Ecco quello che fa da alcuni anni l'Università di Bologna a favore degli studenti dislessici. Nel frattempo anche altri Atenei si sono accodati all'iniziativa, fra cui l'Università dell'Insubria, quella di Cagliari, Modena e Reggio Emilia e la Cattolica di Milano, ...
 
La maggiore sensibilità e l'aumentato interesse verso i disturbi specifici dell'apprendimento, che fortunatamente si sta diffondendo sul territorio nazionale, sta portando ad una prospettiva di screening precoce nei bambini che iniziano il loro percorso scolastico per individuare il prima possibile eventuali disturbi dell'apprendimento.
 
Non è sempre stato così, quindi è possibile che studenti universitari non siano consapevoli che alcune delle difficoltà che incontrano nel percorso di studi possono essere legate alla dislessia.  
 
In più, di fronte a forme di dislessia lievi, si possono mettere in atto naturalmente strategie compensative che si possono rivelare non più efficaci di fronte alle richieste didattiche universitarie.
 
Per questo proponiamo alcuni strumenti per una prima autovalutazione, che non sono strumenti diagnostici ma semplici indicatori per avviare ad un eventuale approfondimento.