Ritengo che si parli sempre troppo poco delle problematiche relative all’adolescenza, in un momento di cambio culturale e di nuovi stili di vita. Se la relazione fra adolescente e genitore sembra essere oggi meno conflittuale questo non significa che ci sono meno problemi da parte degli adulti a comprendere il loro mondo e a dare loro delle risposte sul futuro.
Me ne rendo conto adesso che il mio primo figlio ha dovuto affrontare la realtà del lavoro e, anche se non più adolescente, la mia impressione è che la sua sia stata un’adolescenza prolungata, sebbene già “autonomo” da un pezzo. Il lavoro se l’è “costruito” da sè, visto che ha iniziato un’attività commerciale, ma grazie al supporto economico di un “mecenate”. Senza di lui Lorenzo non avrebbe potuto cominciare la sua esperienza lavorativa!
Per il mio secondogenito, invece, siamo al momento della scelta dell’università, dato che quest’anno ultimerà la Scuola Superiore. E anche qui, profonda incertezza e insoddisfazione, visto l’alto tasso di disoccupati in Italia e le scarse possibilità che offre la piccola città del su dove viviamo.
Mi sono chiesta: come deve comportarsi un genitore per incoraggiare un figlio a “riconoscere” i propri talenti e a realizzare i propri sogni? Ho trovato molto interessante questa intervista al noto psichiatra Gustavo Pietropolli Charmet. Ecco cosa risponde in merito alla domanda del giornalista:
Una buona relazione tra genitori e figli può far fronte alla difficile prospettiva di un futuro sempre più incerto?
Bisognerebbe che i genitori costruissero intorno alla mente dei propri figli un baluardo per evitare che arrivino, con troppa capacità di penetrazione, alcune profezie nerissime che la sottocultura nella nostra società sta preparando. Per esempio, che questa sarà la prima generazione che avrà un futuro peggiore dei propri padri e dei propri nonni; che gli lasceremo in eredità una società senza case, senza lavoro, senza pensioni e con la natura completamente dilapidata. In realtà tutti questi aspetti così economici, tecnici interessano poco i giovani. Quello che li preoccupa non sono il lavoro e la carriera, ma che ci possano essere delle difficoltà nel realizzare se stessi. Il loro timore più grande è quello di dover abdicare alla prospettiva di un tempo, detto futuro, in cui realizzare il proprio talento, la propria vocazione. Li preoccupa anche il fatto di non essere desiderati, di non essere ascoltati e che non ci sia davvero nessuno che spera che siano loro a portare idee e nuovi modelli su come vivere la famiglia, la coppia, l’amicizia etc. Quando i ragazzi hanno l’impressione di non riuscire a capire come realizzare la propria vocazione allora è possibile che il futuro muoia. E assistere alla morte del proprio futuro, in adolescenza e anche qualche anno dopo nella fase di giovani adulti, è una vera tragedia. Significa perdere la speranza e trasformare il presente in un eterno presente celebrando il lutto della perdita della relazione con il proprio sé futuro per il quale non vale più la pena di “impegnarsi”. A quel punto i ragazzi disperati diventano e sono un rischio per loro stessi e la società.
Quindi la domanda è: come si “costruisce” questo baluardo e cosa possiamo fare noi genitori per dare ai nostri figli la speranza nel futuro?
Mi piacerebbe ascoltare le voci di altri genitori come me, alle prese con le scelte importanti dei loro figli (scuola, lavoro…).
2 Comments
Mamma Logopedista
Rossella, importanti riflessioni attualissime e direi universali. Buon 2014 a te e alla tua famiglia
rossella grenci
Grazie cara, essere genitori oggi implica un sacco di lavoro supplementare 🙂 Buon anno anche a te e ai tuoi cari!