Parlare di persone come i dislessici o gli asperger non è facile: perchè? Perchè noi, i così detti “neurotipici”, mal accettiamo il confronto con chi ha una diversità neurobiologica e non riusciamo ad empatizzare con loro. Eppure è quello che pretendiamo dagli altri: che comprendano sempre quello che diciamo e che vogliamo da loro!
Mi voglio soffermare sulle persone con la Sindrome di Asperger, nel modo in cui le definisce il dottor Paolo Cornaglia Ferraris:
“bizzarri, artisti, imprevedibili, poeti e affascinanti passano lunghe ore e giorni da soli perché scartati da una società che vorrebbe che tutti entrassero nello stesso grigiore standardizzato. Il loro futuro è legato alla nostra capacità di non viverli come “pazzi”, ma vedere in loro la straordinarietà di cervelli che fanno di quasi tutti persone ingenue, incapaci di ironia e malizia, intelligenti e provocanti, proprio come sanno esserlo artisti e poeti.”
E’ questo che cerca di spiegare Paolo Cornaglia Ferraris nel libro Dicono che sono Asperger. Un bambino asperger che parla del suo quotidiano, della scuola, della famiglia, del modo di vedere la vita attraverso i suoi occhi.
E’ così che scrive: “Io provo a cambiare, a imparare le <<sciocchezze sociali>> più importanti, a lasciare perdere qualche <<mania>>, ad essere flessibile, adattabile, appropriato e avere fiducia nelle persone giuste e a superare l’ansia. Loro però dovrebbero imparare che tutti siamo diversi e che non è obbligatorio comportarsi allo stesso modo nelle situazioni sociali. Soprattutto se uno non lo capisce…”.
Ringrazio il dottore Cornaglia Ferraris per la passione che mette nel suo lavoro!
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